lunedì 21 dicembre 2015

Togliere i simboli religiosi dalle scuole e una violenza

Afferma  l’art. 19 che tutti, senza la minima differenza, hanno diritto di riconoscere liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi forma, individuale o associata, di farne propaganda e di esercitarne in privato o in pubblico il culto, purché non si tratti di diritti contrari al buon costume. Ancor prima l’art. 3 afferma la pari dignità sociale e l’eguaglianza davanti alla legge, senza distinzione di religione, facendo obbligo alla Repubblica di rimuovere gli ostacoli che impediscono il raggiungimento della parità. Qualora si rifletta sul significato dei richiamati principi, tanti atteggiamenti si condannano da soli e prese di posizione basate su un malinteso senso del rispetto per il diritto al dissenso rivelano l’assoluta fragilità delle premesse che sono alla loro base.
Valga il vero. “L’Assessore mette un crocifisso e il Sindaco Pd lo caccia via” (ottobre 2012) per finire (si fa per dire) ai giorni nostri: “Il Preside nega il concerto di Natale” (a Rozzano); “Il Preside non autorizza la visita del Vescovo” (nel Sassarese); “Il Vescovo di Padova invita a fare tanti passi indietro per mantenerci nella pace”.   Intanto, come ho ricordato, libertà religiosa e libertà di culto sono massimamente tutelati dalla Costituzione, la quale non sceglie affatto di trasformare in un valore la cosiddetta laicità. Lo Stato è laico ma i cittadini fanno bene, per se stessi e per i figli, a coltivare una formazione religiosa.




In secondo luogo, escludere i simboli religiosi dalle scuole, violando consuetudini che si perdono nel tempo, ha il significato di un atto di violenza che nei confronti dei più piccoli che alla festa del presepe e alla presenza del crocifisso sono da sempre abituati, al pari dei canti natalizi e dell’alberto di Natale. In questo i bambini sono andati oltre ogni pregiudizio, a prescindere dal credo religioso, come pure gli adulti musulmani interpellati che hanno convenuto sulla “non offensività” dei simboli cristiani.
In terzo luogo, l’idea dell’integrazione non presuppone la cancellazione della propria identità, né questa può costituire una “provocazione”. Se così fosse, dovremmo bandire la libertà di culto, che è invece garantita dalla Costituzione. In quarto luogo, non si capisce il nesso tra pace, amicizia e fratellanza e il bando del Natale e del crocifisso dall’altra: dobbiamo allora abolire le feste scolastiche natalizie? Infine, presepe e crocifisso non sono simboli che dividono: il primo evoca il ricordo di una società bucolica fatta di persone semplici e timorate; il secondo è un clamoroso esempio di “risarcimento” nei confronti della più illustre vittima di un errore giudiziario nella storia (Gesù Cristo).

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