sabato 3 ottobre 2015

Krzysztof Charamsa un pugno in faccia alla Chiesa ma il suo ragionamento non regge


Fonte foto © Copyright ANSA/AP


Alla vigilia del sinodo sulla famiglia Monsignor Krzysztof Charamsa da un vero pugno in faccia alla chiesa, descrivendola per certi versi omofoba, bigotta e non adeguata con i tempi, questo in un'intervista rilasciata al Corriere Della Sera. 
Monsignor Krzysztof Charamsa di anni 43 di nazionalità polacca è il teologo ufficiale della Congregazione per la Dottrina della Fede (da cui sicuramente dovrà dare le dimissioni, visto che secondo me ha perso la testa e la fede).
Il suo ragionamento non regge perchè nel momento in cui una persona sceglie la strada della fede, dando i voti stipula un vero e proprio contatto di matrimonio con "Cristo", fortemente vincolato a quel principio di castità richiesto dal dogma della chiesa per lo status di ministro di Cristo.  Chi sceglie la strada della sessualità, sia etero che gay in quel momento sceglie di venir meno a dei principi fondanti appunto lo status di ministro di Dio, questo è indiscutibile, anche se a dire il contrario è un teologo della Chiesa Cattolica, solo perchè ha deciso che la sua strada sia cambiata. Purtroppo non si possono tenere 2 piedi in una sola scarpa, poi non centra niente la famiglia, perchè la chiesa esprime un concetto chiaro. Il concetto di famiglia per la chiesa è un uomo e una donna, poi dei figli se concepiti. La chiesa per principio non di certo stabilisce che essere gay significa non essere figlio di Dio,  da solo un limite a quei requisiti richiesti per dichiarare un' unione "Famiglia". La chiesa in passato ha firmato degli accordi fra  stato e  chiesa, in cui la chiesa chiaramente accetta l'unione civile, addirittura rendendola fondamentale per far si che poi avvenga il matrimonio religioso fatto cioè in chiesa, ovviamente questo a patto che si tratti di un uomo e una donna. In alcuni paesi del mondo c'è l'unione civile fra omosessuali, francamente non c'è tutta questa lotta da parte della chiesa, forse se mai ci sono delle distanze prese. Non è colpa della chiesa in fine poi se in Italia non c'è l'unione civile fra omosessuali. Quello che chiede Monsignor Krzysztof Charamsa non è l'approvazione da parte della chiesa sullo status di gay come vuol far credere, è ben altro, è la richiesta di dissolvere quel voto di castità necessario in quel contratto di matrimonio stipulato con Cristo nel momento che si danno i voti, questo al di la del fatto dei gusti sessuali. E' molto semplicistico dire che si dovrebbe dare la possibilità di far sposare i parroci e il resto del clero, quindi consentirgli di creare una famiglia. Di fondo ci sono delle problematiche quasi insormontabili, perchè sono di natura politica ed economica. Per la questione politica si deve valutare  che un esponente della chiesa potrebbe fare carriera e da sposato  diventare Papa, questo significherebbe creare un bel problema nel sistema, perchè per chi non lo sappia il Papa è un re eletto in modo democratico, ma dei figli sarebbero dei principi, ciò determinerebbe un bel casino nel sistema di successione. Mentre la questione economica riguarda il fatto che un esponente della chiesa passerebbe da componente di un'istituzione ad un vero e proprio impiegato da sostenere con un salario adeguato per far vivere una famiglia, cosa che  sarebbe assolutamente a carico dello stato Vaticano, il quale già gode di molti favoritismi da parte di altri stati. Io credo che Monsignor Krzysztof Charamsa si trova difronte ad una scelta di fede più che ad una richiesta di modernità, cioè restare sposato con Dio  o scegliere la sessualità , qualsiasi essa sia.
Questo articolo in fine si basa su dei fatti, io personalmente sono favorevole all'unione civile fra persone dello stesso sesso, per il principio che vi sia per tutti un documento che sancisca un unione e con essa dei diritti, anche se infondo poi l'unione quella "vera" la fa il cuore e non un pezzo di carta reso solo un trofeo.

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